martedì 30 ottobre 2007

Donn'Archimede

Su "Le Journal de Mickey 2886 del 10 ottobre scorso è apparsa la storia "Miss Trouvetou", breve avventura danese (D 2005-206) di Jane Gilbert disegnata da Maria José Sánchez Núñez".

La storia non è niente di particolarmente interessante... è pieno il mondo di brevi gag page in cui Archimede subisce una sua invenzione riesce a tirarsene fuori, grazie all'aiuto di Edi.
Se non fosse che, come il titolo fa capire, il personaggio
cambia sesso.
E, pur pensando da uomo è costretto a comportarsi da donna... dapprima va nel panico scoprendo d'avere il seno, poi va in farmacia per avere un antidoto (in francese lo traducono con "Sodium de puddingate", personalmente penso che la versione originale volesse far intendere l'acquisto di estrogeni). La richiesta purtroppo non viene evasa e, avvilito, va ad acquistare abiti femminili per poter partecipare alla convention degli inventori. Davanti al negozio Archimed-a incontra Paperina che, dopo essersi stupita della novità si esalta e lo accompagna ad acquistare degli abiti.

Il giorno seguente Archimed-a si reca alla convention degli inventori e, dopo aver subito le avances di un collega alquanto intraprendente e, nel contempo l'invidia delle signore presenti, trasforma - grazie al siero - l'inventore reo di "violenza", in una donna. Tempo dopo, finalmente, Archimed-a riesce a scoprire l'antidoto per ritornare un uomo e, dopo averlo ingerito chiama i suoi colleghi. E' finalmente riuscito a creare l'unica utile invenzione per un inventore: un gonnellino scozzese con molte tasche dove inserirvi ampolle, fiale e attrezzi del mestiere.

La storia, come dicevo prima è alquanto stupida... le gag sono elementari e il finale è anche fiacco. Però la breve storiella pone degli interrogativi che stanno alla base del fumetto Disney: quali sono, oggi, i tabù in cui incorre un autore Disney? Fin dove può spingersi a scrivere? Quali sono gli argomenti che può toccare e su quali sarebbe meglio sorvolare? Il tabù del sesso, fino ad oggi era invalicabile e ancora lo è in Italia. O no? Dove sta il problema? Se l'argomento è ben trattato se ne può parlare oppure sarebbe meglio di no?

Sono interrogativi questi che un lettore medio italiano si pone, ma un lettore danese, abituato a Rumpus McFowl, figlio del secondo matrimonio del padre di Zio Paperone; abituato ad aver visto la morte in faccia nel capitolo 10 della Saga di Don Rosa, cosa ne pensa?

Non è che gran parte dei tabù di cui le storie soffrono sono problemi solamente italiani? Se si a chi giova questa "paura" sulla più famosa testata a fumetti per bambini del nostro paese?


In chiusura l'ultima immagine della storia.




7 commenti:

jazzegigi ha detto...

Se sia un tabù solo italiano non so, ma è certo che alla Disney Italia argomenti del genere sarebbero impensabili.
Ilaria

New_AMZ ha detto...

Ma sono tabù che si vogliono o non vogliono sconfiggere?
E come si potrebbe buttarli giù, se c'é l'interesse a farlo?
Ma soprattutto: chi ha deciso che questi argomenti da noi non sono trattabili e perché?

jazzegigi ha detto...

Mah! Non credo che ci sia un responsabile. Piuttosto che sia un trend che si è sviluppato a partire dagli anni Ottanta fino a diventare profondamente radicato. Ancora ricordo che ai tempi in cui frequentai l'Accademia Disney, ormai dodici anni fa, si prendevano in giro i danesi perché "parlavano di argomenti strani", tipo Topolino che si taglia le unghie dei piedi (sembra scemo ma anche questo sarebbe un tabù qui da noi). Non so, ma non credo né che ci sia volontà di abbattarli "dall'alto" nè la possibilità di farlo per i collaboratori.
Ilaria

Fabrizio MAZZOTTA ha detto...

Anni fa ho collaborato brevemente a "Topolino" in qualità di sceneggiatore e in effetti c'erano alcuni tabù che , a volte, impedivano la buona riuscita di una storia. No al circo, no a Paperi colorati di verde ( se no è razzismo), no alle pistole in mano e così via.
Io credo che avendo del sale in zucca e non creando storie truculente si possa fare a meno di questi veti per poter tornare a leggere delle bellissime storie come quelle che hanno sfornato i nostri Scarpa, Carpi o Bottaro negli anni 60.

jazzegigi ha detto...

Nel lontano 1999 a me censurarono un cucchiaino da gelato perché poteva essere... incitamento alla droga!!!
Ilaria

New_AMZ ha detto...

Appunto Fabrizio, tutto questo mettere paletti su paletti ha portato - in Italia - ad un generale appiattimento delle sceneggiature.
Ormai gli sceneggiatori scrivono solo più storie con Paperino & Paperoga mentre combinano disastri o avventure con Gambadilegno redento.
Forse gli autori stranieri, tutti presi da storie brevi, hanno sempre scritto storie minimaliste di cui, alla fine, resta poco.
Ma, oggi, la tendenza è invertita proprio per colpa di tutti questi paletti imposti o autoimposti che hanno portato gli autori a scrivere storie comiche (con dubbi risultati in almeno metà dei casi), privilegiando quindi le baruffe quotidiane con i personaggi meno "difficili"... Solo, credo, in questo modo stiamo "combattendo" sullo stesso terreno degli stranieri solo con migliaia di paletti in più.
Se gli italiani tornassero a scrivere le storie con i paperi alla Cimino o storie con i Topi alla Scarpa, forse sarebbe meglio e la produzione italiana, finalmente, tornerebbe ad essere qualitativamente interessante.
Il problema è che gli autori italiani che hanno intrapreso questa strada sono pochi e, guardacaso, tutti venerati oltralpe (come Casty).

Gladstone ha detto...

Che in Italia vi siano questi tabù non è un mistero. Però vorrei ricordare ai big della Disney Italia che nel 1961, quando il sesso - od il cambio di sesso - era davvero tabù, Topolino pubblicò un capolavoro nel quale appariva un ambiguo personaggio, tal Mac Faxtor. Ambiguo perchè una donna (oltremodo brutta) travestita da uomo! Quel capolavoro era "Topolino agente di pubblicità" e l'uomo che muoveva tutto il teatrino era il grande Scarpa.
Ora, che in Egmont facciano storie strane, stravaganti che, a volte, sfociano nell'onirico (come nella recente "Riuscite a immaginare Melvin?", nella quale Paperino e i nipotini venivano trasportati in una dimensione creata da loro stessi disegnando su candidi fogli bianchi) è un dato di fatto, ciò che non capisco è perchè in Italia ancora si debba sottostare a certi argomenti "intoccabili". Penso che la Disney nel nostro paese non debba ritenere impossibile e inadeguata la pubblicazione di storie simili a quella qui proposta come esempio, anzi il lettore medio di Topolino, intorno ai 12 anni, non ne uscirebbe scandalizzato.
Ma sicuramente divertito.

Gladstone

Ps.
Complimenti al buon New_AMZ per questo suo blog!